mercoledì 7 maggio 2008

Chi ha paura di Vincenzo Visco?

Beh, questa volta ho deciso di provare a fare qualcosa: sono stanca di masticare amaro, scuotere il capo davanti alla tivvù, o limitarmi all'ennesimo sfogo tra amici.

La realtà che i giornali e la televisione mi mostrano non è quella che vedo con i miei occhi tutti i giorni, le pontificazioni di opinionisti e sondaggisti mi hanno francamente un po' stufato; ma soprattutto ho deciso che se le mie opinioni, la mia indignazione, il mio modo di vedere la vita è "fuori moda" - che poi è tutto da dimostrare! - non per questo me ne sto zitta e buona.

E allora comincio dall'ultima storia che non mi va giù: NON SONO D'ACCORDO con il coro che condanna la pubblicazione dei dati fiscali del 2005 sul web. Non condivido l'iniziativa del Codacons, non mi sento violata nella mia privacy di contribuente. Non ho nessun problema a vedere i miei redditi sul web, trovo che la trasparenza del fisco sia un ottimo deterrente all'evasione, credo che tutto il polverone di questi giorni e il gran parlare di invidia sociale faccia comodo solo ha chi ha i suoi buoni motivi per temere la trasparenza e l'informazione.

Ma giornali e tv mi fanno sapere che faccio parte di una infima minoranza, che gli italiani sono tutti indignati da questa gravissima violazione della privacy... e ho deciso di vedere se c'è qualcun altro che la pensa come me.

Di seguito c'è il testo della lettera aperta che ho scritto, spendi qualche minuto del tuo tempo per leggerla, per favore. E se la condividi sottoscrivila a questo indirizzo:
http://firmiamo.it/chihapaura

grazie del tuo tempo :-)




CHI HA PAURA DI VINCENZO VISCO?
Noi no.

Leggiamo con sconcerto e amarezza di denunce, esposti e richieste di risarcimento danni nei confronti del Vice Ministro Visco e del direttore generale dell'Agenzia delle Entrate, dott. Romano per la pubblicazione su internet dei dati sui redditi 2005. Il risarcimento richiesto ammonterebbe a ben 20 miliardi di euro, che dovrebbero essere destinati a tutti i contribuenti italiani nella misura di 520 euro ciascuno.

Vogliamo dire con forza che queste iniziative ci sembrano incomprensibili – e soprattutto non condivisibili – sotto molti aspetti.

Intanto, chiedere allo Stato un esborso enorme, delle dimensioni di una manovra finanziaria (e neppure delle più leggere) e in un momento già così difficile per il paese, ci pare davvero dissennato e contrario agli interessi dei cittadini di questa già disastrata Repubblica. Ci chiediamo semplicemente: se andasse in porto una tale richiesta quante strade non si riparerebbero, quanti risarcimenti alle vittime del lavoro, di mafia, delle stragi non verrebbero erogati, quanti posti letto in ospedale non si creerebbero, quante nuove scuole materne non si costruirebbero? E potremmo continuare a lungo.

Leggiamo che i 20 miliardi di risarcimento andrebbero redistribuiti tra tutti i contribuenti: ma è possibile che qualcuno faccia finta di non sapere che, considerate le statistiche sull’evasione fiscale, tristemente note a tutti noi, una bella fetta di questo denaro pubblico andrebbe graziosamente a finire nelle tasche di tanti evasori fiscali? E siamo davvero al paradosso: come contribuenti piuttosto che sentirci "risarciti" ci sentiamo due volte beffati.

Sondaggi ed opinionisti ci dicono che la stragrande maggioranza degli italiani è contraria a questa pubblicazione. Sarà, ma siamo un po' stanche/i di sentirci raccontare la realtà dai sondaggi, preferiamo guardarci attorno e parlare con le persone e quello che ascoltiamo - nel nostro piccolo - è un paese pieno di gente indignata perché una misura così semplice ed ovvia di trasparenza, in uso già in tanti altri paesi, trova tanta opposizione. Forse saremo pochi a pensarla così, chissà, però anche se non siamo opinionisti e non ci invitano nei salotti tv, non vogliamo rinunciare a far sentire la nostra voce.

In questi giorni giornali e TV si dànno un gran da fare a condannare l’invidia sociale. Noi non soffriamo di invidia sociale, ma neppure la temiamo: non ci preoccupa che i nostri redditi, alti o bassi che siano, vengano conosciuti, non abbiamo nulla da nascondere, paghiamo le tasse e ne siamo orgogliosi (anche se molti lo considerano da fessi) e il nostro reddito è il prodotto del nostro lavoro (e anche questo forse ormai non è trend).

Ma in un paese in cui la forbice sociale si allarga sempre di più, in cui la vita e il reddito sono sempre più precari, mentre sempre più persone scivolano nell’indigenza, ci indigna che l'argomento del giorno sia l’invidia sociale e non piuttosto l’egoismo sociale di chi per il profitto specula sugli aumenti dei beni di consumo primario, risparmia sulla sicurezza del lavoro, evade le tasse.

Siamo convinti che la vera vergogna non sia l’invidia sociale ma la tolleranza sociale per l’elusione e l’evasione fiscale, che altro non sono che il rifiuto di contribuire secondo le proprie possibilità al benessere di tutti e al progresso del paese.

Sentiamo con sconcerto parlare di guardoni fiscali e voyeurismo fiscale, con una metafora che ci fa riflettere, come se il denaro che si possiede fosse una cosa intima e personale come il corpo, il sesso, i sentimenti: purtroppo non ci pare che il privato, i corpi, le emozioni e la vita delle persone vengano difese con altrettanto vistoso entusiasmo quando se ne vìola la privacy: che messaggio viene da tutto ciò? Davvero oggi è il denaro il più sacro e profondo elemento costitutivo dell’identità, il più intimo, quello da difendere più fieramente?

O forse più terra-terra dobbiamo pensare che si ha davvero paura di scoprire troppi altarini? Che questi dati diano adito a valutazioni e riflessioni sulla distribuzione del peso fiscale che fanno paura a troppi? Che lavoratori dipendenti e pensionati, ma anche i tantissimi autonomi, commercianti, imprenditori che fanno il proprio dovere avendo un quadro così chiaro della situazione decidano di far sentire con più forza la propria voce (e magari pretendere qualche fattura in più?).

Non mettiamo in discussione la buona fede dei singoli e delle associazioni dei consumatori, l'obbligo dei magistrati di fare il proprio dovere, crediamo però che sia in atto una energica campagna di demonizzazione di una misura che ha la sola colpa di voler dare un forte segnale di trasparenza e che presenta il solo rischio di dare il via ad un meccanismo di controllo democratico e collettivo sulla piaga dell'evasione fiscale.

Ci convincono le argomentazioni che l'Agenzia delle Entrate ed il Vice Ministro Visco adducono: crediamo nella preminenza in questo ambito di un principio di trasparenza, sappiamo dell'esistenza di un obbligo di pubblicazione e non vediamo questa gran differenza tra la carta stampata e Internet: forse che i lettori di un giornale sono più identificabili dei navigatori o che i contenuti dei giornali non siano già reperibili nel web? L'utilizzo del web è stato in questi anni sostenuto e prescritto per trasparenza, partecipazione e diritto di accesso della Pubblica Amministrazione.

Abbiamo quindi fiducia che il procedimento in corso riconosca le ragioni dell'Agenzia delle Entrate, e con esse quelle di tutti coloro che le tasse le pagano.

Infine, e cosa più importante, crediamo che la battaglia più difficile, ma anche fondamentale per l’Italia sia quella per un fisco equo, per la solidarietà sociale che viene dalla redistribuzione delle risorse fiscali, dalla possibilità di ridurre finalmente le aliquote e il prelievo sul reddito, cosa che solo la sconfitta dell’evasione fiscale può permettere.

Questa battaglia ha purtroppo visto in questi anni tante, troppe sconfitte; e l’impotenza e la frustrazione degli onesti e dello Stato e dei suoi funzionari.

Per questo, in un paese in cui si depenalizzano i reati finanziari (che sempre danneggiano la collettività), i condoni non si contano, l’evasione si "concilia" con lo sconto, noti evasori vengono ospitati con tutti gli onori nel servizio pubblico televisivo e sulla stampa, noi chiediamo alle “nostre” associazioni, che tante volte ci hanno rappresentato e difeso di non spendersi in battaglie di retroguardia che, anche se condotte con la massima convinzione e buona fede, rischiano di confonderle con la difesa di ben altri interessi, ma di combattere su questo fronte e se risarcimento dev’essere di chiederlo a chi evade ed ha evaso, a chi ha condonato, per l’incalcolabile danno che ha fatto a tutti noi: per questo chiediamo almeno che dai 20 miliardi vengano sottratti i nostri 520 euro: non li vogliamo.



2 commenti:

luposelvatico ha detto...

fatto! e benvenuta nella blogosfera...
Marco
PS che onore essere il primo commentatore in assoluto del tuo blog!

viviana ha detto...

grazie del benvenuto :-)
per la verità non potevo sperare in un "battesimo" migliore del passaggio di un autentico lupo selvatico dalle mie parti!